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Comunicato importante circa l’incremento di suicidi e parasuicidi nei giovani e nei giovani adulti durante la pandemia di Covid-19


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Nel corso dell’ultimo anno, da quando il nuovo coronavirus ha costretto l’Italia e il mondo intero ad adottare numerose misure di prevenzione del contagio, limitando i contatti e le relazioni interpersonali di qualsiasi genere, si è evidenziato – con grande tristezza pur non stupendo il dato – un notevole aumento di casi di suicidio, tentato suicidio e parasuicidio (ad es. autolesionismo o attuazione di pratiche nocive alla salute, come abuso di alcool e sostanze stupefacenti), soprattutto tra i giovani in età scolare e universitaria e i giovani adulti.

In quanto prima ed unica associazione sul territorio nazionale a lavorare attivamente per la prevenzione e a investire specificatamente nell’informazione su queste tematiche nel range di età poc’anzi citato, non possiamo tacere la nostra indignazione nei confronti dei “profeti di sventura” che, attraverso i mezzi di comunicazione, paiono trattare tali argomenti con sì grande superficialità e noncuranza di quanto, invece, si sta muovendo ormai da anni nel nostro Paese, tanto martoriato da una negligenza “ufficiale” circa la salute mentale, ma allo stesso tempo tanto attento a partire dal Terzo Settore.

Non vogliamo, in questa sede, contestare le misure restrittive adottate dai diversi Governi, anzi desideriamo incentivare la popolazione al rispetto delle norme di prevenzione dal contagio – anche le più dure – perché sono l’unico mezzo utile, oltre alla campagna vaccinale in atto, per un ritorno alla vita normale. Vogliamo invece sottolineare con forza che l’abbandono dei cittadini, soprattutto dei più giovani, è una grave colpa delle Istituzioni. La nostra indignazione nasce dal fatto che, come si è detto in apertura, l’aumento del disagio psichico e psicologico (collegato talora anche a quello fisico) non può stupire i media e coloro che da questi vengono interpellati, in quanto è risaputo che l’uomo vive di relazione.

Ora, se all’inizio dell’epidemia lo scorso anno era lecito, da parte dello Stato e degli enti da esso dipendenti, uno smarrimento e un’attenzione maggiore alla situazione pandemica in senso stretto, è gravissimo il fatto che, nel corso di un intero anno, non si sia pensato a un piano di tutela psicofisica dei cittadini.

Come anticipato, però, è altrettanto grave il non riconoscere che, nel mondo del non-profit e dell’associazionismo in genere, diverse realtà si siano mosse per supplire alle lacune lasciate dagli enti pubblici.

Per non elogiare le nostre stesse attività (che, ricordiamolo, non vogliono essere quelle di un centro di supporto o di ascolto), desideriamo portare come esempio il numero verde “CRI per le Persone” della Croce Rossa Italiana o dei progetti “La concretezza della carità” della Caritas Italiana, oppure ancora i tanti servizi messi a disposizione gratuitamente o a basso costo da altre associazioni in tutta la Penisola, sia sul piano nazionale che su quello locale.

E poiché spesso viene denunciata dai o sui giornali – oltre che sui social media dai leoni da tastiera – una irreale mancanza di progetti atti a prevenire le situazioni di crisi, ci sentiamo in dovere di ricordare che solo nell’ultimo lustro sono nate diverse associazioni – tra cui la nostra – che senza guadagno alcuno si offrono come portatrici di speranza e di solidarietà, attraverso metodi e mezzi ora più teorici, ora più concreti.

La prevenzione del disagio e del suicidio non può essere fatta a posteriori.

Da tutto questo nasce l’invito, anzi, il grido disperato allo Stato, alle Istituzioni, a Regioni, Provincie e Comuni, e ancor più alle scuole e alle università di avviare percorsi adatti alla tutela delle fasce più deboli della popolazione, al fine di non dover “piangere sul latte versato”.